Alcune riflessioni sul pagamento della mensilità di marzo ai dipendenti
Decreto “Cura Italia”: bonus di 100 euro per i dipendenti
Il governo ha introdotto nel c.d. “Decreto Cura Italia” al fine di venire incontro ai lavoratori dipendenti che hanno continuato a prestare la propria attività lavorativa nonostante l’emergenza epidemiologica che sta attraversando l’Italia,un incentivo economico da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro nel mese di Marzo.
I primi chiarimenti giungono dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare 8E del 3 aprile 2020. Tuttavia permangono dei dubbi specie per i contratti part-time.
Il bonus, così come descritto dal legislatore, è una tantum e spetta per il mese di marzo 2020. Può essere inserito anche nella busta di aprile. Il nostro Studio ha infatti ritenuto di procedere in questo modo, dal momento che l’elaborazione dei cedolini di marzo è già in corso e in alcuni casi già ultimata.
In base a quanto contenuto nella norma, il legislatore non indica specifiche condizioni da rispettare per avere diritto al bonus 100 euro. L’unico parametro da rispettare è il reddito complessivo da lavoro dipendente dell’anno precedente: tale importo, infatti, non deve essere superiore a 40.000 euro.
Per lavoratori assunti nel corso del 2020 il datore di lavoro è tenuto all’erogazione del premio. Tuttavia, in questo caso, il rilascio della certificazione unica dei redditi per l’anno 2019, spetta al precedente datore di lavoro. Per questa ragione l’attuale datore di lavoro, a fini dell’erogazione del bonus, è tenuto a richiedere al dipendente un’autodichiarazione (scarica qui il modello) ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000, in cui il lavoratore attesta che l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nell’anno precedente, non supera la soglia dei 40.000 €.
Con riferimento ai lavoratori che hanno usufruito della modalità di svolgimento della prestazione in maniera agile (c.d. smart working), l’Agenzia delle Entrate è dell’avviso che non possano rientrare nel computo dei giorni di lavoro rilevanti ai fini della determinazione dell’importo del premio. Il periodo di lavoro svolto a distanza, ovvero al di fuori dell’ordinaria sede di lavoro e/o degli ordinari luoghi in cui tradizionalmente viene prestata l’attività lavorativa, anche se funzionalmente e strutturalmente collegati ad essi attraverso l’ausilio di strumenti di comunicazione informatici e telematici, non dà diritto al premio.
Cosa fare nel caso in cui un dipendente richieda un anticipo dello stipendio?
Potrebbe accadere che un dipendente chieda all’azienda un anticipo dello stipendio, visto che nel mese di aprile percepirà una busta con un netto più basso, dovuto alla chiusura dell’attività o alla riduzione dell’orario di lavoro dei dipendenti, ricorrendo alla “cassa integrazione”.
E’ fondamentale evidenziare che non ci sono norme che vietano al lavoratore subordinato di chiedere un anticipo dello stipendio. Allo stesso tempo, però, non ci sono obblighi per il datore di lavoro il quale è libero di decidere se concedere o meno l’anticipo dello stipendio.
Anche se non è prevista una procedura da seguire consigliamo ai titolari di richiedere al lavoratore una domanda scritta.
A sua volta il datore di lavoro, nel caso accetti di concedere un acconto di stipendio, dovrà far firmare al dipendente una ricevuta nella quale quest’ultimo conferma di aver ricevuto un anticipo. L’importo erogato a titolo di acconto dovrà essere sottratto dalla, o dalle, busta paga successive.
Attenzione: dal 1° luglio 2018, il pagamento dell’acconto, come dello stipendio, deve avvenire con modalità tracciabili, NON in contanti,indistintamente dall’importo corrisposto.