La pandemia di Coronavirus ha sconvolto le nostre vite ma si è anche ripercossa come uno tsunami sui rapporti commerciali o professionali.
La normativa di emergenza emanata in questi giorni sta intervenendo in alcuni settori ed a quella sono e saranno dedicati degli approfondimenti specifici. A fianco a quegli interventi vi sono però dei
rimedi generali previsti nel codice civile ed applicabili in via generale. Proviamo a vedere i principali.
La risoluzione per sopravvenuta eccessiva onerosità.
Partiamo dalla risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta. E’ questo uno dei rimedi maggiormente citati in questi giorni anche se reputiamo avrà un’applicazione residuale.
Ha ad oggetto dei contratti a prestazioni differite o di durata, cioè che hanno esecuzione in tempo futuro rispetto alla stipula del contratto.
Caso 1 – Facciamo l’esempio più classico: nel mese di gennaio la ditta Alfa si impegna a produrre per la ditta Beta diecimila articoli in garza al prezzo di un euro ciascuno, da consegnare ad aprile. Arriva il coronavirus e il prezzo della garza sale enormemente perchè utilizzata per produrre le mascherine chirurgiche. Alfa non potrà più produrre i suoi articoli al prezzo di un euro ciascuno ed anzi non riuscirà proprio a produrli ad un prezzo di mercato.
In questo caso il contratto con Beta potrà essere risolto per eccessiva onerosità sopravvenuta oppure il prezzo potrà essere modificato rendendolo equo. In caso di risoluzione Alfa ovviamente non potrà chiedere il prezzo (salvo che nel frattempo abbia potuto produrre una parte degli articoli richiesti, nel qual caso si farà pagare solo quelli), dovrà restituire l’acconto e non sarà tenuto a pagare nessuna penale. Questo purchè l’onerosità superi la normale oscillazione dei prezzi.
Caso 2 – Una situazione diversa: Alfa a gennaio, quando gli affari andavano ancora molto bene, ha stipulato un contratto con una società di marketing al fine di far curare la propria comunicazione. La crisi da Coronavirus fa crollare gli affari di Alfa che a questo punto non potrà più permettersi il contratto stipulato.
Si può anche in questo caso parlare di risoluzione per eccessiva onerosità? La risposta essenzialmente è no, poiché la norma prende in considerazione il rapporto tra le prestazioni dedotte in contratto (il valore della prestazione ed il prezzo pattuito) ma non le condizioni soggettive di una parte. In questo caso sarà possibile recedere solo se espressamente previsto dal contratto (e con il pagamento delle relative penali). Oppure si potrebbe discutere se sia applicabile un’ipotesi di impossibilità ad adempiere (adempiere al pagamento del prezzo), fattispecie di cui parleremo in seguito.
Questo strumento, in definitiva, si limita all’ipotesi in cui il costo di un bene o di un servizio aumenti in maniera eccezionale.
Impossibilità temporanea.
Questo rimedio si applica a tutti quegli ambiti in cui la prestazione è impossibile fintanto che dura l’emergenza ma che potrà essere eseguita al termine dell’emergenza stessa.
Esempio: ho comprato i nuovi condizionatori d’aria per il mio fondo. Dovevano essere montati nel mese di marzo ma sono in zona rossa e l’intervento non può essere eseguito. Saranno montati a fine emergenza.
Oppure: ho comprato dieci lezioni con un personal trainer ma la palestra è chiusa. Usufruirò di queste lezioni quando la palestra riaprirà.
Questo rimedio mi consente quindi di posticipare l’esecuzione del contratto senza dover pagare penali, more o risarcimento di danni. Il contratto rimane in vigore e sarà eseguito appena possibile.
Ciò in quanto il contratto è temporaneamente impossibile per una causa di forza maggiore (il Coronavirus che impedisce la normale circolazione) e per un divieto dell’Autorità (il così detto “factum principis”).
Perchè si possa applicare questo rimedio però è essenziale che la prestazione mantenga la propria utilità anche in un momento successivo a quello pattuito. Diversamente si avrà risoluzione del contratto con obbligo di restituzione di quanto già percepito.
Impossibilità assoluta.
Ci sono prestazioni che invece non possono essere posticipate o che diventano ineseguibili.
Esempio: ho richiesto ad un tecnico di visionare un immobile che devo prendere in locazione. L’immobile si trova in una zona rossa ed il tecnico non potrà recarsi a visionare l’immobile fin dopo la stipula del contratto.
In questo caso non avrò più alcun interesse alla sua prestazione e quindi il contratto sarà risolto. Quello che ho eventualmente pagato di anticipo dovrà essermi restituito, ma io non avrò diritto ad alcuna penale o risarcimento del danno.
Sono numerose le prestazioni che potrebbero divenire impossibili a causa del coronovirus o dei divieti imposti dalla legislazione d’emergenza.
Dall’altro lato si può parlare di impossibilità assoluta di pagare il prezzo di una prestazione, al fine di liberarsene? In condizioni normali ci verrebbe da dire di no. In un caso eccezionale come questo si potrebbe valutare se sia il caso di comunicare alla controparte l’intenzione di recedere dal contratto per impossibilità ad adempiere all’impegno assunto (il pagamento del prezzo). Ovviamente questo purchè non sia sia già goduto della controprestazione. Sarà possibile in questo modo liberarsi dell’impegno contrattuale senza dover pagare penali o danni. È però una strada da valutare attentamente.
Impossibilità parziale
In questo caso una parte della prestazione può essere eseguita ed una parte no.
Esempio: ho stipulato un contratto con un fisioterapista per dieci incontri di riabilitazione successiva ad un intervento. Ho svolto i primi cinque incontri, poi è divenuto impossibile raggiungerlo per i successivi cinque. Quando l’emergenza sarà conclusa non avrò più interesse a svolgere i cinque incontri rimanenti.
In questo caso sarò tenuto solo al pagamento della parte già goduta mentre il contratto sarà risolto per la parte residua, anche in questo caso senza responsabilità di sorta.
Altro esempio: Ho contrattato con un professionista una prestazione di consulenza che preveda, tra l’altro, la visione di un immobile. L’immobile non potrà esser visionato ma il resto della prestazione sarà eseguibile.
In questo caso potrò chiedere la risoluzione dell’intero contratto se la parte impossibile era per me determinante oppure la semplice riduzione del prezzo.
Locazioni e affitti
Concludiamo con uno dei problemi più rilevanti in questo momento: le locazioni e gli affitti, siano esse locazioni di fondi ad uso commerciale, affitti di rami d’azienda o locazioni di beni strumentali all’esercizio dell’impresa.
In tutti i casi la prima cosa da fare è verificare se il contratto sottoscritto ha previsto qualcosa di specifico per le “cause di forza maggiore o imprevedibili”.
Nel caso non sia stato previsto nulla, per quanto attiene alle locazioni ad uso commerciale la legge sull’equo canone (l. 392/78) prevede che in caso di motivi gravi ed oggettivi il conduttore possa richiedere la risoluzione del contratto, dandone preavviso di sei mesi. Quindi, se il conduttore si è trovato a fronteggiare una notevole crisi economica a causa del Coronavirus potrà chiedere la risoluzione del contratto. Si tratta però di un rimedio estremo.
Quello che invece interessa a molti conduttori è una riduzione, magari anche solo temporanea, del canone di locazione.
Nessuna norma specifica consente questa riduzione. Per questo motivo molti commentatori hanno provato la via del richiamo a categorie generali, quali l’impossibilità parziale della prestazione, vista in precedenza: non ho potuto usare l’immobile per le ragioni per cui avevo stipulato il contratto di locazione quindi non devo il pagamento del canone per quel periodo.
Il ragionamento è rischioso.
Il locatore mette il conduttore in condizione di godere dell’immobile e quindi la sua prestazione è eseguita, anche se il conduttore non potrà usarla per l’utilità voluta. Del resto il conduttore sta comunque tenendo i propri beni nell’immobile, conserva l’avviamento e tornerà ad usare il fondo per i fini concordati appena trascorsa l’emergenza.
Per questa ragione, in caso di mancato pagamento, il giudice potrebbe non accogliere le ragioni del conduttore moroso.
La soluzione migliore è quella di concordare una riduzione del prezzo, sia con riferimento al periodo in cui l’attività è stata chiusa, sia con riferimento al periodo di una eventuale crisi economica.
In definitiva il contenzioso non conviene neppure al locatore.
Discorso simile per l’affitto del ramo d’azienda e per la locazione di beni. Anche in questo caso valutare sempre cosa indica il contratto e poi procedere ad una rinegoziazione.
Bisogna invece evitare le azioni improvvisate.
In definitiva il ventaglio di interventi varia molto in base al tipo di prestazione oggetto di contratto, per eventuali richieste di chiarimento scrivi a: luca@studiomattonai.it