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CONVALIDA DELLE DIMISSIONI E DELLA RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

CONVALIDA DELLE DIMISSIONI E DELLA RISOLUZIONE CONSENSUALE DEL RAPPORTO DI LAVORO

Adempimenti richiesti alle parti e criticità della normativa

Recenti accordi sindacali hanno implementato la procedura di convalida delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto, introdotta dalla L. n. 92/2012. Per le aziende 70-448 pdf industriali e del terziario sono state individuate ulteriori sedi per la convalida che si aggiungono a quelle istituzionali (DPL, Centri per l’impiego). Nel commento vengono riepilogati gli adempimenti richiesti alle parti ed evidenziate le criticità della normativa, in attesa dei chiarimenti interpretativi che potranno intervenire a opera della prassi amministrativa e della giurisprudenza.

 Campo di applicazione

La nuova disciplina trova applicazione generale, con l’eccezione espressamente indicata delle dimissioni della lavoratrice madre; nel silenzio della legge non vi è dubbio che analoga eccezione riguardi le dimissioni in caso di matrimonio (entrambe le fattispecie sono esaminate in calce alle presenti note). Si deve pertanto ritenere che l’onere di convalida riguardi tutti i casi di recesso del lavoratore assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato anche con tipologie particolari (lavoro a tempo parziale, lavoro ripartito, lavoro intermittente, ecc.). Alla stessa conclusione sembra potersi giungere anche per le dimissioni (o la risoluzione consensuale) nell’ambito del rapporto a tempo determinato, in tutti i casi in cui sono ammesse (es. dimissioni per giusta causa ex art. 2119, primo comma, cod. civ.). Non rientrano invece nel campo di applicazione della disciplina in esame, visto il tenore letterale della formulazione, gli atti di recesso dai contratti di lavoro parasubordinato (es. lavoro a progetto) e autonomo. 70-450

 Modalità di convalida

Il Ministero del lavoro può individuare ulteriori modalità semplificate di convalida che consentano di accertare la veridicità della data e l’autenticità della manifestazione di volontà espressa dal lavoratore.
Convalida in sede amministrativa
La convalida ad opera di un pubblico funzionario non è una novità assoluta in quanto già previsto per le dimissioni della lavoratrice madre. Il lavoratore può attivare la procedura presentandosi personalmente presso gli uffici territorialmente competenti, in un qualunque momento successivo alla decisione di rassegnare le dimissioni. L’accesso può avvenire anche prima di effettuare la comunicazione al datore di lavoro, in quanto non è necessario attendere che decorrano i termini di preavviso. La convalida ad opera degli uffici non richiede formalità particolari: i funzionari incaricati devono solo raccogliere la genuina manifestazione di volontà del lavoratore a cessare il rapporto (Ministero del lavoro, circolare n. 18/2012). (Cfr. il facsimile del modello di dimissioni con convalida in uso presso la Direzione territoriale del lavoro di Modena – www.dplmodena.it).
Convalida in sede sindacale
Questa forma di convalida può essere scelta solo se le parti stipulanti (purché dotate del requisito di rappresentatività a livello nazionale) del contratto collettivo applicabile al rapporto da risolvere abbiano preliminarmente individuato le sedi idonee per l’espletamento della procedura.
Accordi in tal senso risultano stipulati per:
– Industria (accordo 3 agosto 2012 per le aziende aderenti alla Confindustria; accordo 18 settembre 2012 per le aziende aderenti alla Confapi);
– Dirigenti aziende industriali (accordo 18 settembre 2012 per le aziende aderenti alla Confindustria; accordo 26 settembre 2012 per le aziende aderenti alla Confapi);
– Terziario (accordo 21 settembre 2012 per le aziende aderenti alla Confcommercio).
Con questi accordi vengono abilitate alla convalida le sedi sindacali competenti allo svolgimento di attività di conciliazione, secondo le modalità previste dal contratto collettivo applicabile nella singola fattispecie. In definitiva, per i soggetti compresi nella sfera di applicazione dei citati accordi, la convalida delle dimissioni potrà efficacemente operare anche nell’ambito dei negozi transattivi posti in essere, in occasione della risoluzione del rapporto, per la definizione complessiva del contenzioso con i lavoratori.
Sottoscrizione della ricevuta di trasmissione del mod. Unilav
È la modalità più semplice che consente di perfezionare le dimissioni senza l’intervento di terzi. Il datore di lavoro mette a disposizione del lavoratore copia della ricevuta del mod. Unilav, sulla quale egli sottoscriverà una dichiarazione di conferma che le dimissioni costituiscono autentica e libera manifestazione della sua volontà di risolvere unilateralmente (o consensualmente nel caso della risoluzione concordata con l’azienda) il rapporto intercorso.
Casi di esclusione
Il Ministero del lavoro (circolare n. 18/2012) non ritiene necessaria la convalida in tutte le ipotesi in cui la cessazione del rapporto rientri nell’ambito di procedure di riduzione del personale svolte in una sede qualificata istituzionale o sindacale e ciò in quanto tali sedi offrono le stesse garanzie di verifica della genuinità del consenso del lavoratore cui è preordinato il meccanismo in esame.

Convalida su invito del datore di lavoro

Al datore di lavoro è assegnato un termine di 30 giorni, che decorre dalla data delle dimissioni o della risoluzione consensuale, per invitare il lavoratore a procedere alla convalida nelle forme di cui sopra (commi 19, 20 e 22 dell’art. 4). Possono presentarsi due casi:
a) il datore di lavoro provvede in tempo utile. In questo caso il lavoratore ha sette giorni dalla ricezione dell’invito per aderire. Qualora il lavoratore rimanga inerte e non dia seguito all’invito scatta il principio del silenzio-assenso: la condizione sospensiva si considera avverata ed il rapporto risolto. Nello stesso termine di sette giorni il lavoratore può invece revocare le dimissioni o il suo assenso alla risoluzione consensuale;
b) il datore di lavoro non provvede in tempo utile. In questo caso le dimissioni o la risoluzione consensuale si considerano definitivamente prive di effetto estintivo.
 

INVITO ALLA CONVALIDA

Termini

Modalità

L’invito del datore di lavoro deve essere trasmesso entro 30 giorni “dalla data delle dimissioni e della risoluzione consensuale”. La lettera della legge fa sorgere qualche dubbio circa la decorrenza iniziale del termine che potrebbe intendersi fissata alla data di stesura dell’atto, a quella di conoscenza da parte del datore di lavoro o infine a quella di risoluzione del rapporto. La prima soluzione, desumibile dall’interpretazione strettamente letterale del testo sembra la meno affidabile. Ove le dimissioni recassero una data antecedente al momento dell’invio e fossero materialmente ricevute dal datore di lavoro con ritardo, il termine potrebbe scadere prima che quest’ultimo abbia la possibilità di provvedere all’invito con conseguente automatica inefficacia dell’atto.
 
Secondo la legge l’invito del datore di lavoro, cui deve essere allegata copia della ricevuta della comunicazione al Centro per l’impiego, si considera validamente effettuato quando è recapitato al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro (o ad altro domicilio formalmente comunicato allo stesso al datore di lavoro) ovvero è consegnato al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta. La formulazione della legge fa riferimento al “domicilio” del lavoratore che potrebbe essere diverso dalla “residenza” risultante dal contratto di lavoro e magari essere variato più volte nel corso del rapporto. Sarebbero utili precisazioni da fonte ufficiale sui requisiti della comunicazione “formale” del domicilio e delle sue variazioni, per evitare contestazioni sulla validità dell’invito (si ricorda che, a norma del comma 22 dell’art. 4, trascorsi 30 giorni dalle dimissioni e in assenza di valido invito le dimissioni “si considerano definitivamente prive di effetto”). La sottoscrizione per ricevuta da parte del lavoratore della copia dell’invito sembra superflua qualora il lavoratore sottoscriva direttamente la ricevuta allegata all’invito.

Revoca delle dimissioni

La revoca delle dimissioni, che può essere esercitata dal lavoratore nel termine di 7 giorni dalla ricezione dell’invito senza necessità di giustificare il suo ripensamento, può essere comunicata per iscritto (comma 21 dell’art. 4). La formulazione letterale della disposizione non impone peraltro la forma scritta e lascia quindi spazio alla revoca espressa verbalmente. Non è invece certo, come alcuni sostengono, che la facoltà di revoca possa essere esercitata dal lavoratore anche prima di ricevere l’invito da parte del datore di lavoro: la questione si pone se il preavviso manca o è di breve durata, mentre appare meno rilevante nel caso di preavviso lungo lavorato. Il contratto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad avere corso normale dal giorno successivo alla comunicazione della revoca. Per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non sia stata svolta, il prestatore non matura alcun diritto retributivo. Alla revoca del recesso conseguono la cessazione di ogni effetto delle eventuali pattuizioni ad esso connesse e l’obbligo in capo al lavoratore di restituire tutto quanto eventualmente percepito in forza di esse (es. incentivo all’esodo).

 Conseguenze dell’inerzia delle parti

La prolungata inerzia del lavoratore (che non provvede autonomamente alla convalida con le modalità richieste) e del datore di lavoro (che non provvede a sollecitare ritualmente il dimissionario) determina la definitiva inefficacia delle dimissioni e della risoluzione consensuale. Questo effetto si verifica trascorsi 30 giorni dalla data delle dimissioni: ne consegue la prosecuzione del rapporto tra le parti che rimangono obbligate rispettivamente a fornire la prestazione ed a corrispondere la retribuzione. Qualora il lavoratore non si ripresentasse in azienda, si aprirebbe la strada del licenziamento per assenza ingiustificata.

 Considerazioni operative

 Fin qui la variegata casistica prevista dalla legge. Nell’ordinario utilizzo dell’istituto le opzioni che si presentano in concreto sono più limitate. In genere il lavoratore che intende risolvere il rapporto rassegna per iscritto le proprie dimissioni comunicandole al datore di lavoro nei termini contrattuali. Si apre un bivio:
a) il lavoratore resta in azienda per il periodo di preavviso. In questo caso il datore di lavoro, dopo aver inviato al Centro dell’impiego il mod. Unilav per comunicare la cessazione del rapporto, può sottoporre direttamente al lavoratore dimissionario la ricevuta della trasmissione per ottenere la convalida;
b) il lavoratore lascia subito l’azienda in quanto il preavviso non è dovuto o comunque non viene effettuato e il lavoratore si rende irreperibile. In questo caso il datore di lavoro deve invitarlo formalmente a procedere alla convalida. Trascorso il termine assegnato il rapporto si intende risolto.
Vi è anche la possibilità che il lavoratore non comunichi, né per iscritto né verbalmente, le proprie dimissioni, ma manifesti nei fatti la volontà di chiudere il rapporto assentandosi dal lavoro senza giustificazione (spesso la durata minima del periodo necessario a concretare l’ipotesi risolutoria è indicata dal contratto collettivo). Il caso rientra nell’ipotesi sub b): per ottenere l’effetto estintivo il datore di lavoro deve procedere all’invito alla convalida nelle forme di legge e attendere che trascorra inutilmente il termine di 7 giorni assegnato al lavoratore.
 

DIMISSIONI DELLA LAVORATRICE MADRE

La necessità di convalidare presso un ente terzo (Direzione provinciale del lavoro) le dimissioni della lavoratrice, durante la gravidanza e per un determinato periodo successivo al parto, costituisce un principio consolidato nel nostro ordinamento.
Prima della modifica apportata dall’art. 4, comma 16, L. n. 92/2012, tale periodo si estendeva al primo anno di vita del bambino, sovrapponendosi così al periodo durante il quale è previsto il divieto di licenziamento. Medesimo vincolo era stabilito per il lavoratore padre che avendo usufruito del congedo di paternità rassegni le dimissioni. La spontaneità dell’atto viene accertata sulla base di un colloquio diretto tra il funzionario e la lavoratrice (o il lavoratore) che deve compilare e sottoscrivere un apposito modello (Ministero del lavoro, lettera circolare n. 2840/2009).
In via di interpretazione amministrativa si era già affermato che alla procedura di convalida presso la Direzione provinciale del lavoro doveva essere assoggettata, al pari delle dimissioni e stante l’analoga esigenza di tutela, anche la risoluzione consensuale (Ministero del lavoro, nota n. 12411/2008).
Dal 18 luglio 2012 l’onere di convalida viene espressamente esteso dalla legge ai casi di risoluzione consensuale e viene prolungato fino al compimento del terzo anno di vita del bambino (o ai primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento), ferma restando analoga estensione nei confronti del lavoratore padre che abbia usufruito del congedo di paternità. È appena il caso di osservare che il notevole incremento del periodo tutelato comporterà un proporzionale aumento dei casi di ricorso a questo tipo di convalida.
 

DIMISSIONI PER CAUSA DI MATRIMONIO

 
La legge stabilisce il divieto di licenziamento della lavoratrice per causa di matrimonio e dispone la nullità delle clausole contenute nei contratti collettivi che prevedano comunque la risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici in conseguenza del matrimonio. Per impedire al datore di lavoro di aggirare il divieto inducendo la dipendente a rassegnare le dimissioni, l’art. 35, D.Lgs. n. 198/2006, dichiara che sono nulle le dimissioni rassegnate nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio fino ad un anno dopo la sua celebrazione, salvo che non siano confermate entro un mese dall’interessata alla Direzione provinciale del lavoro.
La nullità delle dimissioni, come anche del licenziamento intimato nello stesso periodo, comporta il diritto della lavoratrice ad ottenere la corresponsione della retribuzione globale di fatto fino al giorno della riassunzione.
 

SANZIONE AMMINISTRATIVA

 
Salvo che il fatto costituisca reato, il datore di lavoro che abusi del foglio firmato in bianco dal lavoratore al fine di simularne le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, è punito con la sanzione amministrativa da euro 5.000 a euro 30.000. L’accertamento e l’irrogazione della sanzione sono di competenza della Direzione territoriale del lavoro alla quale dovrà essere segnalata la violazione se rilevata da altri organi di vigilanza (Inps, Inail, Guardia di finanza).
 
Studio Mattonai
In collaborazione con My solution
di Pietro Zarattini
 

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