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Le palestre a “marchio” Coni non hanno diritto alle agevolazioni fiscali. Riflessioni sulla sentenza della Corte di Cassazione.


 
Una famosa canzone diceva “l’estate sta finendo ed un anno se ne va..”. Il nuovo anno sportivo lo fa con il peso di una sentenza della Suprema Corte di Cassazione del Lavoro n. 21535 del 20 Agosto 2019.
Dalla cronaca di Genova risuona la notizia del giudizio e delle sue pesanti conseguenze ai danni di una associazione sportiva dilettantistica locale.
Dalla lettura dell’articolo pubblicato sulla Repubblica, lo scorso 21 agosto, emerge un giro di vite indotto dalla Corte di Cassazione a danno delle associazioni a “marchio Coni”.
Il “marchio” CONI e i vincoli che ne derivano
Da quanto riportato nell’articolo, dalla sentenza emerge in modo errato che le agevolazioni riconosciute alle SSD ed ASD derivino esclusivamente dal semplice ottenimento del riconoscimento da parte del CONI.
Non facendo però menzione dei requisiti oggettivi necessari per usufruire di tali vantaggi come l’inserimento di stringenti clausole statutarie. Prima tra tutte il divieto di riparto di utili e/o l’erogazione di determinati proventi, sia in forma diretta che indiretta ai soci, amministratori ed ai loro parenti od affini entro un determinato grado di parentela. A questi enti infatti è applicata la medesima disciplina prevista per le ONLUS, art 10 del D.Lgs. 460/1997
Ad oggi tale sentenza ha avuto una minore risonanza sulla stampa specializzata. Forse per il periodo estivo o per la prudenza di voler esaminare con attenzione gli atti che hanno portato alla pronuncia.
I punti “critici” della sentenza
Passando dunque all’analisi del verdetto, consapevoli che ogni giudizio afferisce al singolo caso, senza voler generalizzare l’applicazione ad una più ampia casistica, le riflessioni che ci sentiamo di condividere attengono ai passaggi che di seguito elenchiamo.
Rispetto al punto “Fatti di Causa” emerge come l’Associazione abbia contravvenuto al divieto riparto di utili. Si riporta quindi un estratto del testo originale “…la nozione di attività dilettantistica, ai fini rilevanti in questa sede, non poteva essere ricavata dalla legge n. 91 del 1981, ma doveva essere individuata nell’assenza di interessi economici lucrativi o, più genericamente, di guadagno patrimoniale sottesi all’attività sportiva…
Pur non conoscendo l’attività svolta dall’ente accertato, non possiamo comprendere a pieno l’affermazione della Corte la quale fonda la sua sentenza sull’assunto secondo cui “…l’attività svolta dalla palestra dell’Associazione non fosse di tipo sportivo dilettantistico ma avesse natura commerciale perché prevalentemente incentrata su attività di mera cura dell’esercizio fisico…“.
A tal proposito si evidenzia per dovere di cronaca come prima la Federazione Italiana Pesistica poi, varie sentenze Tributarie (vedasi ad esempio la CTR di Venezia n. 1708/’15) abbiano definito il Fitness uno Sport. Concetto che, alla luce nella delibera CONI 1566/2016 trova ulteriore conferma laddove tra le attività riconosciute vi sia la disciplina “attività sportiva ginnastica finalizzata alla salute ed al Fitness”, in italiano forma fisica.
Un ulteriore passaggio delicato è come la cassazione abbia ritenuto infondato il primo punto del ricorso che evidenzia come nei precedenti giudizi non si fosse tenuto conto né dell’applicazione corretta dell’art 67, c.1, lett. m del TUIR né della collegata interpretazione autentica fornita dal legislatore con la Finanziaria del 2007. Al fine di non alterarne l’interpretazione si riporta il testo: “Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. m) e successive modifiche e della norma di interpretazione autentica introdotta dal d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 35, comma 5, conv. con modificazioni in legge 27 febbraio 2009, n. 14, per non avere la Corte territoriale indicato sulla base di quali norme dovesse qualificarsi non dilettantistica un’attività sportiva sovrapponibile, anche solo potenzialmente, a quella di un’attività commerciale e in concorrenza con quella svolta da imprese commerciali, anziché decidere concretamente se l’attività svolta fosse riconducibile all’una o all’altra ipotesi. La parte ricorrente assume che la decisione impugnata non si è uniformata alla più ampia (e corretta) accezione di attività sportiva dilettantistica definitivamente riconosciuta dal legislatore che, con il d.l. n. 207 del 2008, art. 35, aveva fornito un’interpretazione autentica del disposto del d.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, lett. m).”
Al fine di aiutare il lettore ad una più agevole comprensione del passaggio di cui sopra si ricorda che l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione del 17 maggio 2010 n. 38/E ha confermato come il richiamato articolo 35, comma 5, del DL n. 207 del 2008, abbia ricompreso nell’ambito applicativo dei compensi sportivi anche quelli erogati nei confronti dei soggetti che svolgono le attività di formazione, didattica, preparazione e assistenza all’attività sportiva dilettantistica prescindendo quindi dalla realizzazione di una mera manifestazione sportiva. In altre parole, con l’articolo 35, comma 5, del DL n. 207 del 2008, si è ampliata la classificazione delle prestazioni riconducibili direttamente alle “attività sportive dilettantistiche” e di conseguenza, anche quello dei soggetti destinatari del regime fiscale agevolato sopra richiamato, eliminando, di fatto, il requisito del collegamento fra l’attività resa dal percipiente e l’effettuazione della cosiddetta “manifestazione sportiva”. Si evidenzia, inoltre, che tale orientamento è stato confermato anche dall’Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo (ENPALS). Con la circolare n. 18 del 2009 l’ENPALS ha precisato, in particolare, “che per l’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche”, di cui all’art. 67, comma 1, lett. m, del TUIR, non assume alcuna rilevanza la circostanza che  le attività medesime siano svolte nell’ambito di manifestazioni sportive ovvero siano a queste ultime funzionali“.
Ricordiamo che a questo quadro normativo, da quest’anno, va tenuta in considerazione la funzione del ”Registro Coni 2.0”, in cui gli organismi sportivi (ASD o SSD), tramite gli enti sportivi o le federazioni riconosciute dal CONI dovranno, pena della perdita delle agevolazioni, inserire l’Attività Sportiva, Didattica, Formativa svolta. Tale Registro è infatti consultabile sia dell’Agenzia Entrate sia dalll’INPS che possono liberamente accedervi per effettuare i dovuti controlli. Su questa funzione l’Agenzia delle Entrate, nella Circolare 18/E del 2018, ha esplicitamente affermato che sulla base delle attività risultanti dal Registro individuerà i soggetti sui quali effettuare il controllo.
Una normativa spesso “incompresa”
Purtroppo ancora una volta, almeno per quanto riguarda le riflessioni riportate, sembra ci sia la tendenza a non comprendere appieno la normativa additando in modo improprio le agevolazioni destinate agli enti sportivi. Con l’effetto che questi ultimi siano visti come speculatori di benefici, senza tener conto del ruolo sociale da loro svolto attraverso la promozione dell’attività sportiva e del benessere psico-fisico fondamentale per una popolazione sempre più anziana.
Oggi la nostra prospettiva di vita aumenta, ma conseguentemente aumentano gli anni di malattia e sarà sempre più necessario attuare misure di contrasto all’invecchiamento e alla sedentarietà. Gli studi sugli astronauti che vivono in assenza di gravità hanno dimostrato come in tale condizione il corpo invecchi più velocemente. La mancanza di gravità è quindi equiparabile all’inattività e sedentarietà. Pertanto se con la vecchiaia si perde il tono muscolare, questo non deve essere visto come un fenomeno legato solo ai “culturisti” bensì come una delle prime implicazioni dell’età avanzata, con effetto a catena sulla salute generale e quindi all’innesco di problematiche legate all’obesità e alle malattie cardiovascolari.
Ecco perché riteniamo che si debbano tutelare quegli imprenditori che, anche grazie agevolazioni fiscali spesso additate o contestate, decidono comunque di imprendere nello sport.
di Luca Mattonai, Tributarista esperto in SSD |
 
Tratto da https://www.asisportfisco.it/le-palestre-a-marchio-coni-non-hanno-diritto-alle-agevolazioni-fiscali-riflessioni-sulla-sentenza-della-cassazione/
Bientina lì, 11/09/2019
Studio Mattonai

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1 commento su “Le palestre a “marchio” Coni non hanno diritto alle agevolazioni fiscali. Riflessioni sulla sentenza della Corte di Cassazione.”

  1. Avatar

    Salve, ma lo sport, riconosciuto dal CONI, n 35 “ginnastica”, disciplina n 111 “Attività sportiva ginnastica finalizzata alla salute ed al fitness” in cosa consiste, che tipo di esercizi ginnici comprende?
    Quale attività sportiva/competitiva può svolgere?
    I vari EPS hanno fra i propri iscritti migliaia di praticanti di Attività sportiva ginnastica finalizzata alla salute ed al fitness.
    Dai quali traggono profitto con le iscrizioni.
    Sotto questo sport, ripeto sport, si trovano metodi di allenamento quali Calistenico, zumba, aerobica, pilates, yoga, functional training, e altre decine e decine di metodiche.
    Quindi colpire con questa sentenza solo i club dove operano istruttori di ginnastica finalizzata al benessere è ingiusto e assurdo. Colpevoli di non strutturare l’allenamento per una finalità di gara/competizione.
    Saluti

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